Turi Simeti nasce ad Alcamo, in provincia di Trapani, il 5 agosto 1929 e muore a Milano il 16 marzo 2021.
Nel 1958 si trasferisce a Roma, avvia i primi contatti con il mondo dell’arte e, tra gli altri, conosce Alberto Burri. I suoi primi elaborati risalgono a quel momento e risentono naturalmente dell’influenza di Burri e del suo modo di trattare i materiali.
Sempre in quegli anni, Simeti avrà modo di passare lunghi periodi di soggiorno a Londra, a Parigi e a Basilea, entrando così in contatto con l’avanguardia artistica dell’epoca e muovendosi in sintonia con la dilagante volontà di azzeramento della tradizione e dei codici precostituiti dell’espressione artistica. All’interno di questa rigorosa aspirazione riduzionista, il suo linguaggio acquista ben presto una definita riconoscibilità attraverso l’uso della monocromia e del rilievo come uniche procedure compositive. Compare così la figura dell’ellisse, destinata a diventare la cifra iconica del lavoro dell’artista ed il sentimento attorno al quale si sviluppa e si dispiega il suo muoversi.
Verso la metà degli anni ’60 avviene la definitiva consacrazione all’interno del panorama dell’arte contemporanea, attraverso la successione di esposizioni in svariate gallerie. il 27 marzo 1965 è fra gli autori radunati nell’atelier di Lucio Fontana e che, su suo invito, prendono parte alla mostra Zero Avantgarde, allestita nel 1965 nello studio di Lucio Fontana a Milano, che poi proseguirà con il medesimo impianto alla Galleria Il Punto a Torino e alla Galleria Il Cavallino a Venezia. Nel luglio del 1965, con Bonalumi, espone per la prima volta un gruppo di opere, in Austria, a Klagenfurt, negli spazi della Galerie Wulfengasse mentre nel febbraio del 1966, tiene una mostra individuale presso la Galleria Vismara, a Milano. Accompagnata da un testo di Giuseppe Gatt che, a proposito delle opere esposte, sottolinea la valenza simbolica del cerchio, che “(riconducibile ad esemplificazione di configurazioni cosmogoniche fortemente suggestive e, di conseguenza, magiche: sole, luna, perfezione ecc.) si accentua e, dalla superficie di racconto del quadro, passa a interessare l’intera oggettualità del dipinto che diventa un organi- smo quasi rituale, apotropaico, sottratto alla continuità ritmica del tempo e dello spazio, punto di incontro fra l’individuo e l’universo”, la mostra riscuote un buon successo e segna l’avvio vero e proprio di un per- corso espositivo che porterà Simeti, negli anni subito successivi, a spostarsi con disinvoltura sia nel Vecchio Continente sia negli Stati Uniti.
Nel 1966 Simeti prende definitivamente studio a Milano, a Sesto San Giovanni, nel Quartiere delle Botteghe, dove Felice Valadè, un ricco costruttore e collezionista, aveva messo a disposizione una serie di spazi, in diversi edifici attigui, destinati a essere usati dagli artisti come studio. Qui Simeti si trova a operare in un contesto particolarmente fertile, tendenzialmente anarchico, dove gli scambi e il travaso di idee come gli scontri erano all’ordine del giorno, viste le distinte e distanti personalità che agivano simultaneamen te. Nel Quartiere delle Botteghe avevano un laboratorio anche l’amico Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, e molti altri tra cui Giuliano Barbanti, Mario Bionda, Mino Ceretti, Fernando De Filippi, Luciano Fabro, Attilio Forgioli, Paolo Gallerani, Lino Marzulli, Hidetoshi Nagasawa, Antonio Scaccabarozzi, Aldo Tagliaferro, Arturo Vermi. Simeti vi rimane per alcuni anni, alternando la sua presenza in Italia, dove partecipa a mostre a Roma e Firenze, a soste legate a occasioni espositive in Svizzera, Germania, Austria, Danimarca ma soprattutto New York, dove, invitato come “Artist in Residence” dalla Fairleigh Dickinson University, ha la possibilità di vivere e lavorare per lunghi periodi, fino al 1969, avendo d’altra parte a disposizione un grande loft sulla 23th East di proprietà di un amico architetto di origini italiane, Tom Migliore. A New York, Turi realizza quadri di grandi dimensioni. Accresce la serie di superfici con ovali in negativo di altri elementi e svolge quanto avviato a Milano.
Il 1971 segna una svolta sensibile nel cammino dell’artista. Con un gesto di contestazione radicale del linguaggio, Simeti dà vita ad una performance nella Galleria La Bertesca a Genova: Distruzione di un aliante, di cui conserva i resti in bidoni blu firmati e numerati. “L’incanto, la fragilità, la bellezza privilegiata di un essere che va al di sopra degli altri, la sua caduta e vivisezione stanno per lo slancio vitale e la genitalizzazione dell’angoscia; le eterne tensioni tra Eros e la Fine. L’amore può agire aggressivamente e persino distruttivamente. Attraverso l’espediente della proiezione, anche Simeti sconfessa la propria aggressività e la ‘rimprovera su qualcun altro’, sull’oggetto d’affezione, sull’aliante”, scriverà Lea Vergine nel testo redatto per l’occasione, aggiungendo ulteriori interrogativi circa questa azione di distruzione. Da questa rottura, tuttavia, non deriva una negazione del suo lavoro sulla superficie, che prosegue invariato, tanto che nelle opere successive verrà accentuato il senso di rarefazione delle presenze aggettanti che, seppur ridotte si manifestano come fossero potenziate.
Negli anni Ottanta, stimolato dalla passione per l’arte di Ludovico Corrao, Turi Simeti realizza per Gibellina una scultura in cui l’artista fa uso del traventino al posto della solita tela (Impronta, lastra di pietra del 1980), dove trasferisce il suo plasticismo geometrico. Fra gli anni ’90 e nei primi anni 2000 si sono susseguite ininterrottamente le mostre personali in gallerie italiane e straniere, fra cui Kunstverein di Ludwigsburg, nel 1996, alla Galerie Kain di Basilea, nel 1998.
Negli anni 2010, grazie il riaccendersi dell’interesse per lo spazialismo e le sue evoluzioni, Turi Simeti beneficia di un’attenzione nuova da parte del mondo dell’arte italiano e internazionale. Ne è testimone la retrospettiva presso la galleria Almine Rech di Bruxelles nel 2015, che offre per la prima volta uno spaccato esaustivo di cinquant’anni di carriera.
Nel 2014 Turi Simeti viene designato Artista dell’anno e ha così vinto il Premio delle Arti Premio della Cultura, conferitogli al Circolo della Stampa di Milano.
Nel 2017 viene pubblicato da Skira il Catalogo ragionato di Turi Simeti, a cura di Antonio Addamiano e Federico Sardella, con la collaborazione diretta dell’artista e la supervisione di Essila Burello. Il Catalogo ragionato di Turi Simeti, comprende più di 1.800 opere su tela realizzate a partire dal 1960 e propone per la prima volta una serie di importanti immagini e documenti inediti.